ESG in Germania: nuovi obblighi di due diligence
ESG in Germania: nuovi obblighi
di due diligence lungo la supply chain e implicazioni per i fornitori
italianiNegli ultimi anni l’opinione pubblica ha preso sempre più coscienza delle conseguenze ambientali e sociali delle attività imprenditoriali e dell’impatto che esse hanno sul pianeta e sulla vita di tutti noi.
Questo sentimento ha condotto, da un lato, il legislatore,
sovranazionale e nazionale, a implementare una cornice normativa che, anche
attraverso nuovi modelli di governance societaria, possa supportare la
necessità di aumentare trasparenza, tracciabilità e intellegibilità delle
informazioni nei processi di produzione e di distribuzione, dall’altro le
aziende a sviluppare prodotti e servizi sempre più attenti agli aspetti della
sostenibilità ed etica imprenditoriale.
La Germania, sotto questo
punto di vista, è all’avanguardia. Infatti, già nel giugno 2021, il Parlamento
tedesco ha varato una legge, il Lieferkettensorgfaltspflichtengesetz, o
più brevemente Lieferkettengesetz, in materia di obblighi di due
diligence nelle catene di fornitura.
La legge, entrata in
vigore a inizio 2023, si applica attualmente alle imprese che hanno sede
principale o sede secondaria in Germania e che impiegano sul territorio tedesco
almeno 1.000 dipendenti.
La legge impone alle
imprese l’obbligo di applicare, con riferimento alle proprie catene di
fornitura, la dovuta diligenza al fine di prevenire o minimizzare i rischi di
violazione dei diritti umani e della tutela ambientale, nonché di interrompere
eventuali violazioni di questi obblighi.
Il concetto di “catena di
fornitura” fa riferimento a tutti i prodotti e servizi di un’impresa e a tutte
le fasi necessarie per la loro produzione o prestazione, siano esse svolte in
Germania o all’estero. Include quindi sia l’attività propria di un’impresa
tedesca, sia quella dei suoi fornitori diretti e indiretti, che operano sia in
Germania sia all’estero.
La legge tedesca, quindi,
ha una portata estremamente rilevante per le aziende che operano nel commercio
internazionale perché può applicarsi a tutte quelle imprese coinvolte nella
catena del valore di un determinato prodotto o servizio, indipendentemente dalla
fase di produzione o dal Paese in cui si trovano.
Al fine di evitare di
incorrere in responsabilità e sanzioni pecuniarie, la legge Lieferkettengesetz
prevede che le imprese tedesche debbano implementare un adeguato sistema di
gestione del rischio di violazione delle normative a tutela dell’ambiente, dei
diritti umani, delle norme in materia di lavoro, salute e sicurezza, etc.,
condurre adeguate analisi del rischio, adottare delle misure di prevenzione e, in
caso di violazioni, implementare delle misure correttive. Le imprese devono altresì
comunicare all’Autorità di sorveglianza BAFA (Bundesamt für Wirtschaft und
Ausfuhrkontrolle) le misure implementate, devono istituire al loro interno un
canale di whistleblowing per permettere, in modo anonimo, la
segnalazione di eventuali rischi o violazioni e devono presentare un rapporto di
disclosure su base annuale sul tema, da pubblicare sul proprio sito
aziendale.
Come anzidetto, tali
obblighi di compliance si riflettono a cascata su tutti i fornitori e
subfornitori dell’impresa stessa. Pertanto, sarà sempre più frequente per
un’azienda italiana che si trova nella catena di fornitura di un’azienda
tedesca dover accettare specifici obblighi contrattuali diretti a verificare il
rispetto della dovuta diligenza nello svolgimento dell'attività di impresa, prevedere
specifici meccanismi di monitoraggio e di audit sui propri processi produttivi
e di servizi, nonché addirittura imporre clausole di manleva e di indennizzo in
caso di sanzioni comminate alla società tedesca per violazioni della normativa
sulla due diligence.
Le sanzioni previste
dalla legge tedesca in caso di violazioni sono estremamente gravose,
considerato che sono comprese tra 100.000 e 800.000 Euro per singola violazione.
Inoltre, è previsto che per le imprese con un fatturato annuale medio superiore
a 400 milioni di Euro, la sanzione massima possa arrivare fino al 2% del
fatturato. Viene sanzionata anche l’omessa adozione di misure correttive nel
caso di violazioni commesse dai propri fornitori: da ciò consegue che le
imprese tedesche tendono a ribaltare sui fornitori stranieri (e quindi, anche
italiani), le responsabilità e sanzioni emergenti da tali violazioni.
Nel corso del 2023 il
BAFA ha effettuato circa 500 verifiche presso aziende dei settori automotive, chimico,
farmaceutico, metalmeccanico, energy, arredamento, tessile e alimentare. In circa 80 casi è stata aperta una procedura di
reclamo per presunte violazioni della legge in esame. In due casi i reclami
riguardavano aziende della distribuzione alimentare. Oggetto dei reclami è stata
la collaborazione delle aziende con fornitori dell’Ecuador e del Costa Rica che,
a detta dei segnalanti, avrebbero violato i diritti umani, pagando stipendi
molto bassi ai lavoratori delle piantagioni di banane e ananas, costringendoli
altresì a lavorare anche durante il trattamento con pesticidi.
La legge tedesca sulla supply
chain è quindi di estrema importanza e rilevanza anche per le aziende
italiane che hanno rapporti di fornitura con società tedesche: occorre adeguare
i propri processi aziendali al fine di prevenire o minimizzare i rischi di
violazione dei diritti umani e ambientali e garantire allo stesso tempo un
corretto sistema di monitoraggio e di disclosure in caso di audit da
parte dei propri committenti.
Eva Knickenberg-Giardina
e Pietro Minaudo
https://www.cocuzza.it/
Articolo redatto da Cocuzza, partner operativo di FederCamere.
Torino, 15 aprile 2024